lunedì 31 marzo 2008

Anziani: la memoria 'perde' i dettagli


Scoperto perche, a volte, la memoria degli anziani fa cilecca. La chiave, secondo un team di ricercatori dellUniversita della California a Berkeley, sta nel fatto che, con gli anni, diventa difficile cancellare informazioni irrilevanti e foriere di distrazioni. Cosa che rende difficile fissare nella memoria nuovi dati. Ne sono convinti i ricercatori diretti da Adam Gazzeley, autori di uno studio condotto grazie a una serie di scanner cerebrali e pubblicato sul numero di ottobre di Nature Neuroscience. Alcuni soggetti, giovani (tra i 19 e i 30 anni) e anziani (60-77 anni), sono stati sottoposti a risonanza magnetica mentre guardavano facce e scene, con listruzione di ricordare le facce ignorando le scene o viceversa. Quando i ricercatori hanno chiesto a tutti di ricordare le scene, tanto nei giovani quanto negli anziani si e intensificata lattivita di unarea del cervello (il giro paraippocampale/linguale sinistro), che normalmente elabora le scene. Ma se alle cavie umane gli studiosi dicevano di cominciare a ignorare le scene e di ricordare invece le facce, i giovani reagivano immediatamente, riducendo lattivita in quellarea cerebrale.


Mentre gli anziani non mostravano una simile riduzione. Cosa che, spiegano gli autori, indica un deficit nelleliminare informazioni non necessarie per raggiungere un obiettivo. Insomma, lincapacita di ignorare le distrazioni insidia lefficienza della memoria. Non solo, ma i soggetti piu vecchi erano anche meno abili nel ricordare foto gia viste prima.
Dallo studio, comunque, non emergono solo cattive notizie4 per le persone avanti negli anni. Nonostante leta, infatti, alcuni dei soggetti anziani (sei su 16) si sono rivelati abili a memorizzare le varie immagini proprio come i piu giovani. E il loro cervello mostrava unattivita molto simile a quella dei ragazzi nellaccendersi e spegnersi in base alle diverse necessita. Insomma, ricordavano bene e non avevano problemi nellignorare informazioni irrilevanti. Ora i ricercatori puntano a comprendere perche questi anziani ottengono risultati tanto diversi rispetto ai coetanei.
Fonte: AdnKronos (14/09/2005)
link
http://www.molecularlab.it/news/view.asp?n=3127

domenica 30 marzo 2008

Jacob Vassover, l’arte yiddish e la memoria della Shoah


Jacob Vassover nacque a Lodz, in Polonia, l’1 marzo 1926. Vive in Israele. È l’ultimo rappresentante dell’arte yiddish , la pittura degli shtetl , fatta di luce e colore puri, splendida come la Shekinah - la manifestazione dello spirito divino - e innocente come una mitzvah, una buona azione. “È difficile dire se l’arte yiddish avrà un futuro,” spiega l’artista ottantenne, “perché gli eredi di quella cultura quasi distrutta dal nazismo sono pochi e la maggior parte dipinge come se raccontasse delle storie. Io no. Dipingo come si dipingeva nella mia Polonia; dipingo osservando un mondo che è rimasto dentro di me, nella mia memoria. L’arte yiddish deve essere oggi pittura della memoria. La missione della mia vita d’artista è dipingere il mondo che c’era. Io vivo nel mio tempo, ma la mia anima è nel passato, quando a Lodz vivevano decine di migliaia di ebrei.
Dipingo in stili diversi, ma la pittura yiddish è per me importantissima. L’Olocausto ha bruciato tutto… ogni notte ho incubi che mi rincorrono… incubi rossi, così spaventosi che non è possibile descriverli. Al mattino mi alzo, mi ricordo del sogno, dei giorni felici e di quelli infelici, dell’annientamento di tutto. Allora devo andare a dipingere, a ricordare”. Considero Jacob l’artista più importante del nostro tempo, l’erede di una culturache poteva (e forse può ancora) influire non solo sull’immaginario, ma sul pensiero dell’umanità. Un pittore incomparabile, che il mondo non ha ancora scoperto, forse, perché la sua opera rappresenta il simbolo di un dolore senza confini. E dal dolore gli esseri umani tendono a fuggire. Jacob ha visto suo fratello uscire dal camino di un crematorio di Auschwitz-Birkenau. Ha visto i suoi familiari, i suoi amici cadere nelle mani dei carnefici e subire un destino atroce. L’arte yiddish, prima che la popolazione ebraica di Lodz fosse ridotta in cenere, celebrava la vita, la gioia, l’amore, la preghiera. Oggi celebra la memoria. Per restituirci il ricordo di un mondo perduto, Jacob Vassover è scampato alla più feroce persecuzione. Di 250.000 ebrei che vivevano a Lodz prima della Seconda guerra mondiale, meno di 10.000 sono sopravvissuti. Dopo cinque anni nel ghetto, Jacob fu deportato ad Auschwitz-Birkenau, quindi in una fabbrica a Braunschweig. Poco prima della Liberazione, nonostante fosse in condizioni fisiche quasi disperate, dovette affrontare una lunga Marcia della morte, nel corso della quale i suoi compagni morivano uno dopo l’altro. “Valevamo meno dei topi,” ricorda, “e io sopravvivevo pensando a un pezzo di pane. Il pensiero di quel pezzo di pane era il filo che mi legava alla vita”. Il cibo e i ricordi. “Sì, i volti ebraici, i luoghi dove ero cresciuto: sinagoghe, strade, negozi, scuole. Quei cari volti apparivano e appaiono ancora oggi nella mia mente, in continuazione”.


http://www.visions.it/raggix.html

articolo di Roberto Malini

sabato 29 marzo 2008

Ha una parte di cervello differente ecco perché lo scimpanzè non parla


LA DIVERSITA' di un fascio nervoso del cervello spiegherebbe perché gli uomini parlano e gli scimpanzé no. Abbiamo il 99% del Dna in comune, riusciamo a comunicare attraverso i gesti, ma mentre noi umani usiamo il linguaggio parlato, gli scimpanzé emettono solo grida e grugniti. Grazie a una nuova tecnica diagnostica, i ricercatori dello Yerkes National Primate Research Center, parte dell'Università Emory di Atlanta, hanno scoperto che nel cervello umano il fascicolo arcuato è diverso da quello del cervello degli scimpanzé, una differenza in grado di spiegare perché agli scimpanzé manca la parola.

Fascio di collegamento. Il fascicolo arcuato è un fascio di fibre nervose che connette due aree del cervello fondamentali per il linguaggio, l'area di Broca e l'area di Wernicke. La prima si trova nel lobo frontale della corteccia cerebrale e ha un ruolo importante nell'articolazione motoria delle parole. L'area di Wernicke si trova nel lobo temporale della corteccia cerebrale e contiene le memorie uditive necessarie per la comprensione del linguaggio ascoltato. I ricercatori hanno ora scoperto che nell'uomo il fascicolo arcuato è più sviluppato e collega le due aree con una traiettoria più ampia, tanto che si proietta anche al di fuori dell'area di Wernicke. "Nel cervello umano non solo si sono sviluppate regioni più ampie che presiedono al linguaggio - ha spiegato James Rilling, coordinatore del progetto di ricerca - ma anche una rete di fasci nervosi adatta a collegarle meglio tra di loro". La proiezione fuori dall'area di Wernicke del fascicolo arcuato servirebbe infatti a raggiungere una zona che è coinvolta nell'analisi del significato delle parole.

Nuove tecniche. La tecnica della DTI, cioè diffusion tension imaging è un'evoluzione della risonanza magnetica, particolarmente efficace proprio nel produrre immagini dettagliate della ricostruzione dell'orientamento delle fibre nervose. La tecnica è non invasiva e questo ha consentito ai ricercatori di poter mettere a confronto numerose immagini del cervello di esseri umani e di scimpanzé e macachi (Rhesus machacus). "La DTI ha reso possibile capire in che modo l'evoluzione ha mutato la struttura del cervello umano per renderci in grado di pensare, parlare e agire in modo diverso da altri animali, che pure sono così simili a noi", ha commentato Todd Preuss, uno dei coautori dello studio, uscito su Nature Nuroscience.
Simili, ma non uguali. Lo Yerkes National Primate Research Center da oltre 70 anni si occupa di studi comparativi tra umani e primati. L'anatomia del cervello e del sistema nervoso centrale degli scimpanzé sono notevolmente simili al nostro, ma una delle differenze sostanziali tra umani e primati è che questi ultimi non hanno un linguaggio parlato. Agli scimpanzé che vivono in cattività può essere insegnato il linguaggio dei segni e alcuni individui sono riusciti a imparare oltre 300 segni. Gli scimpanzé si sono inoltre dimostrati abili nel calcolo e sono state accertate capacità di ragionamento, astrazione, generalizzazione, rappresentazione simbolica. Gli scimpanzé mostrano inoltre di provare emozioni e hanno consapevolezza di sé. Esistono forti somiglianze tra il linguaggio non verbale degli uomini e degli scimpanzé: anche loro baciano, abbracciano si toccano le mani, fanno il solletico e usano numerosi oggetti con scopi diversi. Negli uomini e negli scimpanzé questi gesti compaiono nello stesso contesto, e vogliono quindi comunicare lo stesso concetto. Ma per ora gli scimpanzé non riescono a comunicare tutte queste cose anche con le parole.

(26 marzo 2008) articolo di CRISTINA NADOTTI
fonte http://www.repubblica.it/2008/03/sezioni/scienza_e_tecnologia/scimpanze-parlano/scimpanze-parlano/scimpanze-parlano.html

venerdì 28 marzo 2008

La pennichella rinforza la memoria


Però aiuta a ricordare soltanto le cose che abbiamo imparato bene

Un operatore di borsa si concede una pausa foto(Ap)

CAMBRDIGE (MASSACHUSETTS) - Un breve sonnellino pomeridiano fa bene alla memoria. Lo indica uno studio americano condotto dal dipartimento di psichiatria
Un operatore di borsa si concede una pausa (Ap)
dell'Harvard Medical School pubblicato sulla rivista «Sleep». Bastano 45 minuti di sonno non-Rem (il Rem è quello in cui si sogna) durante il pisolino per potenziare i ricordì. Il team di Mattew Tucker del Centro del sonno dell'ateneo del Massahusetts ha esaminato 33 persone (11 maschi e 22 femmine) in media di 23 anni, sottoponendole a una serie di test, come riferisce la rivista «Sleep». Tutti arrivavano nel laboratorio del sonno alle 11.30 di mattina, erano sottoposti a una serie sessioni di apprendimento e test di memoria alle 12.15 e alle 13.00, quindi 16 giovani facevano un pisolino, mentre 17 restavano svegli nel laboratorio. Dopo la pennichella, tutti rimanevano nel centro fino alle 16.00. Analizzando le risposte ai test, i ricercatori hanno scoperto il benefico effetto del riposo. Sembra, infatti, che la memoria uscisse rinforzata dalla pennichella, ma solo se i ragazzi si erano concentrati parecchio durante le sessioni di apprendimento. «Questi risultati - afferma Tucker - suggeriscono che c'è una sorta di livello ideale per apprendere attraverso il sonno, che aiuta ad elaborare in modo ottimale i ricordi. L'importanza di questa scoperta - aggiunge - è anche che il sonno può essere utile, ma non a elaborare tutte le informazioni acquisite nella fase di veglia». Insomma, la pennichella 'funzioná solo «con quelle che abbiamo imparato bene».

01 febbraio 2008

fonte
http://www.corriere.it/salute/08_febbraio_01/pennichella_memoria_1a4349ca-d0bc-11dc-828e-0003ba99c667.shtml

"Dimenticare aiuta a ricordare" di Benedict Carey



Scattate le foto del cervello mentre cancella parole nuove
Lo studio di Stanford sulla rivista "Nature Neuroscience"

Ciascuno di noi, ogni giorno,
ha molteplici occasioni per maledire la propria mancanza di memoria. Per esempio quando si cerca di ricordare una nuova password, o la propria ricetta preferita o il nome di un vecchio boyfriend. E si va incontro al buio totale. Ma dimenticare può anche essere una vera e propria benedizione: nei giorni scorsi alcuni ricercatori hanno riferito che la capacità di escludere alcuni ricordi riduce le pressioni sul cervello nel momento in cui si cerca di richiamare alla memoria qualcosa di importante.


Lo studio, pubblicato sulla rivista Nature Neuroscience, è il primo a riportare le immagini di un cervello intento a sopprimere alcuni ricordi che potrebbero distrarlo. Quanto più efficacemente i partecipanti all'esperimento riuscivano a escludere alcune parole irrilevanti durante un test di memorizzazione di parole, tanto più rilevante era la diminuzione di attività nelle aree cerebrali coinvolte nel ricordo. In termini di energia richiesta, insomma, ricordare in maniera accurata potrebbe diventare più facile dimenticando.

Il processo col quale si esclude un ricordo che potrebbe distogliere la nostra attenzione, secondo gli esperti è simile a quello con cui ignoriamo una vecchia conoscenza (che forse ci distrae), e la volta successiva che la incontriamo ci riesce molto più difficile riprendere i contatti con lei. Da alcuni studi condotti di recente emerge che il cervello si comporta con i ricordi nello stesso modo: in un certo senso ne snobba alcuni per trattenerne meglio altri. Avere una memoria fulminea, quindi, non dipende tanto dall'avere una particolare attitudine, bensì dal saper sfrondare i ricordi in modo spietato. Lo studio ha catturato le tracce di questo processo mentre è in corso.
"Da tempo sostenevamo che dimenticare ha una sua ragione d'essere, che si cancellano alcuni ricordi per agevolare la concentrazione mentale", dice Michael Anderson, docente di neuroscienze cognitive all'università dell'Oregon. Anderson, che non ha preso parte alla nuova ricerca, ha detto che si tratta di uno "studio molto importante, che ci aiuta a individuare con precisione in che modo tale processo ha luogo da un punto di vista neurobiologico".

I ricercatori autori dello studio, neuroscienziati dell'università di Stanford, hanno utilizzato un test di memoria concepito per misurare quanto bene alcuni soggetti riuscivano a ricordare alcune parole apprese, che erano state inserite in mezzo a molte altre parole simili. Per l'esperimento hanno scelto venti giovani uomini e donne, quasi tutti studenti di Stanford, e hanno mostrato loro in rapida successione un elenco di 240 abbinamenti di parole. Hanno poi misurato quanto bene ciascun soggetto fosse riuscito a dimenticare gli abbinamenti di parole che potevano distrarlo. E tutto ciò è stato effettuato mentre i partecipanti si sottoponevano a risonanza magnetica al cervello.
"Dalla risonanza magnetica abbiamo riscontrato che la portata della diminuzione dell'attività cerebrale era correlata alla quantità di ricordi in concorrenza tra loro che venivano messi in disparte" ha detto Brice Khul, studente di psicologia a Stanford e autore dello studio insieme a Anthony Wagner, Nicole Dudukovic e Itamar Kahn. In particolare, i ricercatori hanno scoperto che quanto più un partecipante allo studio aveva cancellato dalla memoria gli abbinamenti di parole concepiti per distrarre, tanto più rilevante era il calo di attività in una regione cerebrale denominata corteccia cingolata anteriore. Insomma, la gente dimentica così spesso le nuove password per la presenza tra i ricordi personali delle vecchie password o di quelle ancora in uso. Quanto più il cervello riesce a dimenticare i dati che distraggono, tanto più potrà memorizzare quelle nuove.

Concludendo, la ricerca suggerisce che i ricordi sono più spesso lasciati fuori più che persi per sempre. La scoperta dovrebbe altresì ridurre parte dell'ansia che si prova allorché si va incontro a un "black-out da terza età": alcuni nomi, numeri e dettagli sono difficili da ricordare non perché la memoria sta perdendo colpi, ma perché funziona a dovere.

© 2007 The New York Times
(Traduzione di Anna Bissanti)

fonte
http://www.repubblica.it/2007/06/sezioni/scienza_e_tecnologia/memoria-cancella/memoria-cancella/memoria-cancella.html

FILOSOFIA DELLA FELICITÀ di Henri Pena-Ruiz


Una gaia scienza
“Vivete, se volete dar retta a me, non aspettate domani...” La raccomandazione di Ronsard è un invito alla felicità. Il poeta ricorda quanto quest'ultima sia impellente per un essere destinato a perire. Il tempo passa, e non si può differire la buona ora (1), quella che rivelerà la vita, come si fa di un'offerta. Allora il fatto di esistere avrà un sapore, un po' misterioso, e il tempo si colmerà. Il sapore della felicità... Bisogna pure andargli incontro, e mettere le parole sparse al servizio degli uomini indaffarati, troppo spesso dimentichi di ciò che potrebbe soddisfarli. La filosofia della felicità è allora un semplice rimando ai modi di essere felici, ed è già molto.

Dell'esistenza donata, vissuta inizialmente nei tentennamenti delle scoperte, dei primi piaceri e dei primi dolori, bisogna fare qualcosa di compiuto. L'esperienza del primo piacere orienta la ricerca. Punto di riferimento interiore, ricordo confuso ma dolce e indelebile, essa spinge l'essere verso la sua pienezza. Viene anche l'esperienza del primo dolore. Trauma originario, che scompiglia le cose e la presenza nel mondo. Le prospettive si complicano. Incertezza. Adesso, la presenza nel mondo è ambigua: siamo qui per soffrire o per godere? La domanda sembra ingenua, e non si formula consapevolmente. Ma cresce via via, fino a pervadere la coscienza inquieta. Inquietudine della vita, cui bisogna pur dare una risposta.

Forse allora si potrà intravedere una via. A condizione di superare le angosce, di assumersi il rischio della libertà. Ma le angosce insistono e assillano. La paura di soffrire avrà il sopravvento, fino a offuscare il messaggio delle gioie primeve? I momenti di sbandamento, per non dire d'infelicità, fanno talora disperare e possono perfino imprigionare la coscienza entro i loro limiti. È questa prigionia, anzitutto, che bisogna evitare. Si dà il caso che l'uomo disponga, per far ciò, di una risorsa mirabile: il pensiero, che altro non è che la vita della coscienza. Una vita troppo spesso inosservata, misconosciuta e negletta: il quotidiano attrae e avvince, per il meglio e per il peggio. Il pensiero, però, purché ci si accorga del suo potere, e se ne goda, è liberazione. Tale è la gaia scienza di questo libro; di essa occorrerà indicare tutte le risorse. Fermiamoci un momento, per arrestare l'incalzare dei dati immediati. E viaggiamo. L'immaginazione ci emancipa, la speranza interiore ci affranca. E la memoria nutrita ci ricorda che il presente non è prigionia. Così si sperimenta il potere di distacco. Gaia scienza.

Le passeggiate interiori
Il pensiero è il sentimento e il sogno a un tempo, la passeggiata interiore e la riflessione sbrigliata. Un dialogo interiore dell'anima con se stessa , diceva Platone. Una stupefacente e preziosa capacità di sdoppiarsi, di prendere le distanze da sé, per scoprire che non ci si riduce a ciò che si crede di essere nell'immediatezza. La vita interiore, quella che dipende direttamente da noi, anche se tendiamo a dimenticarlo, si manifesta qui. Ed essa libera. Eccoci più forti di ogni sofferenza subita, di ogni nube giunta a offuscare la luce mattutina. Il sole tornerà. Il pensiero enuncia tranquillamente un semplice richiamo, e il paesaggio interiore smentisce il mondo immediato, per restituire il futuro, o semplicemente la promessa del tempo. Il pensiero è viaggio, senza costrizione di tempo e di luogo. Per questo, bisogna porre mente alle sue possibilità e decidere di farne uso. La coscienza si scopre allora più ricca di ciò che l'assilla qui e ora.

Libertà interiore. Trovare il modo di affrancarsi dai limiti del luogo e del momento, di eluderli. “Pensa ad altro”, dice l'amico che cerca di soccorrerci. E non sa quanto dice bene. Dal pensiero che libera nascerà di lì a poco un'altra vita, un altro tempo. Sarà la buona ora, quella che si scopre e che si ama. Quella che dà il suo nome al sogno di tutti, quando proietta sul mondo una luce d'attesa e di speranza; felicità. (2)

Può sembrare difficile astrarsi dalla preoccupazione che assilla; ma è possibile farlo. E il solo fatto di saperlo libera dall'incalzare del momento. Si tratta allora di avviare una passeggiata soggettiva, per assaporare il sollievo del distacco, e smettere di lasciarsi assillare. Questo avvio di meditazione è un richiamo a se stessi, una liberazione, insomma. La vita è libertà. Un simile distacco lo dimostra.

Ricorriamo alla memoria, per raffigurarci altri momenti della vita, e dirci che l'attuale tristezza non è definitiva. Ricorriamo all'immaginazione, per assaporare il nostro potere di ricomporre il mondo e forse un giorno agire su di esso perché si faccia più vicino. Ricorriamo alla riflessione, che priva le cose opprimenti del loro mistero, e rimanda ciò che avviene alla sua causa. Combiniamo memoria e immaginazione, riflessione e sensibilità. Ricorriamo all'attenzione al fiore fragile, al volo d'uccello che porta a spasso lo sguardo nel cielo, alle ombre che ridisegnano le facciate. Insomma, anziché impaniarci nell'ossessione che ci assilla, impariamo a ricordarci della presenza nel mondo, ma anche della stupefacente capacità di assentarsene.

Per infelici che ci si possa credere, facciamo allora un'esperienza decisiva. La nostra stessa tristezza, la nostra malinconia, diventa come uno sguardo sulle cose, distaccato da esse, liberato da esse. I nostri sentimenti sono nostri, ma noi non apparteniamo completamente a loro. Così capita con un ricordo felice che si mette in contrasto con la disperazione del presente, e rammenta che nessun momento riassume la vita in sé soltanto. Lo stesso, il sorriso di una persona incontrata per strada, che abbozza la promessa di nuovi incontri. Saper liberarsi, per aprirsi a quanto di nuovo può capitare. Vivere diventa – o ridiventa – una promessa, e occorre un nuovo sguardo di bimbo per approfittarne.

Senza liberare l'esistenza delle sue mutilazioni provvisorie, la vita della coscienza ne valica continuamente i limiti. Foggia così la forza di tornare alla ribalta. L'immaginazione, la memoria, la riflessione errabonda fanno sì che ciascuno possa affrancarsi dall'ossessione subita sotto l'incalzare del momento. Occorre anche non dimenticare che un simile potere esiste e che, se non può, da solo, riaprire la strada della libertà, ne ricorda però l'esistenza. E bisogna anche imparare a goderne, coltivandolo. Diventa allora disponibile, anche quando l'esistenza immediata sembra sommergere tutto.

Tempo di gioia, tempo di dolore: questa stessa successione dev'essere sfruttata al meglio. Così Socrate liberato delle catene che lo ferivano commisura il piacere del sollievo, e il carattere del tutto relativo del dolore che lo assillava. Conoscenza preziosa per le sofferenze a venire, che si potranno vivere senza farsene sommergere. Quando è al meglio di se stesso l'uomo foggia la pazienza di vivere, e la forza di superare. Nei giorni felici, ha molto da fare a tal fine. Coltivare la memoria che li fissa, l'immaginazione che si arricchisce della loro testimonianza. Costruire così la fiducia interiore che si rafforza delle conquiste della vita. Quando verrà la sofferenza, se viene, si potrà disporre allora di un mondo interiore che permette di non soccombere.

Contro la noia, contro la debolezza, contro l'impantanarsi nei turbini delle emozioni, il distacco della coscienza è un punto d'ancoraggio. Marco Aurelio e gli stoici parlavano in proposito di cittadella interiore . Occorre costruirsi qualcosa d'imprendibile che permetterà di far fronte e di ridare una possibilità all'urgere della felicità. Il gusto della libertà si afferma in tal modo, e annuncia le sue gioie.

Se la filosofia ha un valore, è anzitutto quello di contribuire a rafforzare così la coscienza. Il pensiero si afferma in essa come un'arte di vivere, un esercizio di libertà, una pratica gioiosa delle risorse umane. Dà tutta la sua potenza all'immaginazione, alla memoria, alla magia della percezione poetica, alle passeggiate reiterate della riflessione. Gioia multiforme dei vagabondaggi interiori, accessibile a tutti. Sì. Ricordiamo il libro delle passeggiate interiori, nutrite del meglio della vita.

fonte
http://rcslibri.corriere.it/leggionline/filosofia-scheda.spm

"Il mondo che vorrei", il nuovo album di Vasco Rossi


Venerdì 28 marzo (domani) uscirà "Il mondo che vorrei", nuovo cd di Vasco Rossi. Intanto sono già esauriti i biglietti per le due date di Roma allo stadio Olimpico, il 29 e il 30 maggio, quelle di Milano a San Siro, il 6 e il 7 giugno e la prima di Ancona allo stadio del Conero il 14 giugno. I biglietti sono ancora disponibili per le date del 15 giugno ad Ancona, il 21 a Mestre per l'Heineken Jammin' Festival, il 27 giugno a Salerno e il 4 luglio a Messina.


Ma torniamo al nuovo album. "Il mondo che vorrei" è il ritratto perfetto del Vasco uomo e artista oggi. Sia chiaro: pochi (c'è chi pensa nessuno) in Italia fanno dischi come lui: rock di livello assoluto con il contributo di musicisti strepitosi da Slash, ex Guns and Roses e oggi Velvet Revolver, Vinnie Colaiuta, una leggenda della batteria partito dalla band di Frank Zappa, Lee Sklar, storico bassista del rock californiano, Michael Landau, grande firma della sei corde per far giusto qualche nome. Il nuovo disco ha richiesto due anni di lavoro ma il rocker di Zocca pare non abbia affatto deluso le aspettative.

Ecco un assaggio di "Mondo che vorrei", una delle ballate dell'album: "Ed è proprio quello che non si potrebbe che vorrei / ed è sempre quello che non si farebbe che farei / ed è proprio quando arrivo lì che ritornerei". Risaltano poi "E adesso che tocca a me", una sorta di nuova "Va bene cosi" e brani d'amore o sull'amore come "Vieni qui" e "Non vivo senza te" dove c'è una delle strofe più belle del disco: "Vuoi che lo canti in una splendida canzone / così la sentirai da milioni di persone /, non vivo senza te / scrivere una canzone è come ballare per ore / prima di cadere a terra finito nello sforzo finalmente morto".

Il nuovo album non è fatto però solo di ballate. C'è anche tanto Vasco Rossi duro e puro in "Dimmelo te", "Cosa importa a me", nelle chitarre di "Qui si fa la storia" e in "Non sopporto". 'Il mondo che vorreì celebra i 30 anni di carriera di Vasco Rossi ed è stato egistrato tra Los Angeles e Bologna. Saranno stampate 4500 copie del singolo e 4000 dell'album in vinile, in edizione limitata e numerata.

E' lo stesso Vasco a spiegarci il senso del suo nuovo album, intervistato dal Tg3: "La realtà che vedo mi fa schifo", il nuovo disco "si affida al sogno e all'illusione". Infine un elogio spassionato dei grandi nomi della musica statunitense che hanno collaborato a "Il mondo che vorrei":"Gli americani sono professionisti: Slash ha studiato il pezzo a casa e quando è arrivato l'ha suonato subito...".

fonte
http://musica.excite.it/news/8328/Il-mondo-che-vorrei-il-nuovo-album-di-Vasco-Rossi

La coccinella della felicità


Ognuno di noi penso si sia domandato almeno una volta nella propria vita, cosa sia veramente la felicità e magari se c’è un modo o una scorciatoia per raggiungerla. Io penso semplicemente che la felicità consiste nella ricerca di tutto il bello che la vita ci regala ogni giorno. Dal sorriso di una coppia di persone anziane sedute su una panchina mano nella mano, alla corsa spensierata di un bambino che è sfuggito al controllo della sua mamma, da una bella canzone ascoltata nel proprio Ipod, dallo sguardo tenero di un cucciolo che ti lecca la mano e scodinzola la coda felice per le tue carezze, insomma la felicità è nell’aria che ogni istante noi respiriamo e spesso ce ne dimentichiamo,travolti dalla ricerca esasperata di un qualcosa che forse è già in noi, ma che non vogliamo focalizzare. Penso, che per godersi una vita felice è necessario accontentarsi di quello che già si ha. La nostra felicità non va ricercata nel futuro, bensì nel presente di ogni nostra giornata.
Certe volte tendiamo a rimandare la nostra felicità all’indomani,sfuggendo alla nostra vita, illudendoci che per qualche magica combinazione astrale o soprannaturale tutti i nostri problemi possano essere risolti oppure svanire. Non è certo in questo modo che troveremo la nostra felicità e la nostra infelicità deriva dal sentirsi privi di un qualcosa che in realtà noi abbiamo già,ma non ci rendiamo conto di averlo.
Trascorrere la nostra vita all’inseguimento della fama,del successo, dei soldi e il potere ci allontanano dai nostri reali valori di persone che valgono per quello che realmente sono. Dobbiamo essere semplicemente noi stessi e regalarci sempre in ogni momento della nostra giornata un bel sorriso che sarà contagioso anche per le persone a noi care con cui amiamo condividere la nostra felicità!. E’ nell’animo umano pensare alla propria fine e la consapevolezza della nostra morte,ci spaventa e tendiamo ad esorcizzarla tentando di non pensarci. Ma se ci pensiamo bene,l’unica cosa certa nella nostra vita,è proprio la morte e tanto vale tenerne conto. Ragione in più per goderci al massimo la nostra vita e facciamo del nostro meglio, per renderla lieta lasciandoci trasportare nei nostri sogni e nella nostra consapevolezza che la felicità è già con noi e siamo noi che dobbiamo cercare di condividerla con chi vogliamo bene e avremo una felicità elevata al cubo e questo lo trovo veramente una cosa meravigliosa, vero?...

...sento che la felicità è salita su una magica coccinella e presto arriverà da noi,basta crederci e i nostri sogni possono trasformarsi in dolci relatà! :-)

martedì 25 marzo 2008

Sfatato il mito della “memoria da pesce rosso”


Quante volte avete usato l’espressione “avere una memoria da pesce rosso”? L’idea che la memoria media di queste creature non vada oltre la manciata di secondi è da tempo radicata nell’immaginario popolare, e questa teoria non è stata, fino ad ora, mai smentita.
Ma a mettere in discussione la credenza in questione ci ha pensato Rory Stokes, studentessa dell’istituto scientifico Australian Science and Mathematics School di Adelaide, che ha escogitato un geniale espediente per mettere alla prova la memoria dei pesci rossi.
Rory, per il suo esperimento, ha acceso ogni giorno un piccolo faro lampeggiante nella vaschetta dei suoi pesci rossi e subito dopo ha sparso il mangime attorno al faro. Misurando il tempo che i pesciolini impiegavano a raggiungere il cibo ogni giorno, Rory si è accorta che i suoi animaletti avevano imparato ad associare la luce alla presenza di cibo, e nell’arco di tre settimane il tempo impiegato dai pesci rossi per arrivare al faro era passato da un minuto a pochi secondi, a dimostrazione che, a distanza di ventiquattro ore i pesciolini riuscivano a ricordare l’associazione tra la luce lampeggiante ed il mangime.
A quel punto Rory ha rimosso per sei giorni il faro dalla vaschetta; quando, il settimo giorno, lo ha riposizionato al suo interno e lo ha accesso, i pesci rossi non hanno esitato comunque a nuotare in quella direzione e a raggiungere la “fonte di cibo” nell’arco di 4,4 secondi. Un pesce rosso è quindi in grado di ricordare, come dimostra l’esperimento, anche cose accadute una settimana prima.
Rory ha inoltre dichiarato che, a suo parere, questa credenza è stata diffusa intenzionalmente con lo scopo di “farci sentire meno in colpa se teniamo i pesci rossi in vaschette piccole”. Di certo il risultato di questo esperimento ci permette di vedere i nostri amici acquatici sotto una luce del tutto nuova. [via Neatorama]


scritto da Plainsong
fonte link http://www.noantri.com/sfatato-il-mito-della-memoria-da-pesce-rosso.html

lunedì 24 marzo 2008

L’effetto Mozart: storia di una leggenda scientifica


Tutto ebbe inizio nel 1993, quando un breve articolo (pdf) della psicologa Frances Rauscher fu pubblicato su Nature.
Trentasei studenti erano stati divisi in tre gruppi. Il primo gruppo aveva ascoltato per 10 minuti l’Allegro con spirito dalla Sonata in Re maggiore per due pianoforti K448 di Mozart, il secondo una musica rilassante, il terzo semplicemente il silenzio, prima di svolgere tre test di ragionamento astratto presi dalla Stanford Binet.
In uno di questi test, quello di processamento visuo-spaziale, gli studenti che avevano ascoltato Mozart sembravano mostrare un significativo miglioramento delle loro performance (circa 8-9 punti di scarto).
I media si scatenarono e, complice in parte un’effettiva ambiguità del paper della Rauscher, con un triplo salto mortale carpiato non solo diedero per acclarato un fenomeno di cui nessun altro aveva ancora confermato l’esistenza, ma estesero questo presunto effetto della musica classica dal compito visuo-spaziale all’intelligenza generale, e dagli studenti del college ai bambini, fino ai feti nel ventre materno.
Da quel momento fu un fiorire inarrestabile di CD, musicassette, dVD e di libri.
Fu registrato un marchio e in moltissimi confidarono (e ancora confidano) in Mozart per sviluppare le capacità intellettive di neonati e poppanti, ignari che la comunità scientifica nel frattempo recitava per il Mozart Effect un vero e proprio requiem.
Nessuno è mai riuscito infatti a replicare i risultati dello studio originale.
Nel 1999 lo psicologo Christopher Chabris della Harvard University, realizzò una meta-analisi di 16 studi (pdf) relativi all’effetto Mozart, concludendo che l’effetto, se c’era, era minimo e non significativo e confinato al compito cognitivo specifico che era stato condotto nello studio della Rauscher. La Rauscher allora tentò una strenua difesa del suo paper, ma Chabris rispose con argomentazioni inoppugnabili e definitive: di questo fenomeno non c'era traccia.
Nel 2004 uno studio della Stanford University a firma del prof. Bangerter dal titolo The Mozart effect: Tracking the evolution of a scientific legend, cercò di spiegare, da un punto di vista psicologico-sociale, cosa era potuto succedere, quali circostanze si erano verificate e quali bisogni emotivi e sociali soddisfaceva il Mozart Effect perché se ne diffondesse la leggenda con tale pervasività planetaria.
Recentemente quest’anno, la Federal Ministry of Education and Research tedesca ha pubblicato una review a cura di un team interdisciplinare di scienziati che hanno dichiarato il fenomeno non esistente. (Macht Mozart schlau? (pdf).

Però la sonata è uno spettacolo lo stesso!...gustatevi i video! :-)
fonte
Pubblicato da Giulietta Capacchione
link http://psicocafe.blogosfere.it/2007/09/leffetto-mozart-storia-di-una-leggenda-scientifica.html

domenica 23 marzo 2008

Alla vita


La vita non è uno scherzo.
Prendila sul serio
come fa lo scoiattolo, ad esempio,
senza aspettarti nulla
dal di fuori o nell'al di là.
Non avrai altro da fare che vivere.

La vita non é uno scherzo.
Prendila sul serio
ma sul serio a tal punto
che messo contro un muro, ad esempio, le mani legate,
o dentro un laboratorio
col camice bianco e grandi occhiali,
tu muoia affinché vivano gli uomini
gli uomini di cui non conoscerai la faccia,
e morrai sapendo
che nulla é più bello, più vero della vita.

Prendila sul serio
ma sul serio a tal punto
che a settant'anni, ad esempio, pianterai degli ulivi
non perché restino ai tuoi figli
ma perché non crederai alla morte
pur temendola,
e la vita peserà di più sulla bilancia.

Nazim Hikmet

fonte
http://www.flickr.com/search/?q=neonati&page=2

LE RISATE AIUTANO A SOPRAVVIVERE



Secondo uno studio riportato dal New York Times ridere è una strategia per sopravvivere. Ridiamo per essere accettati e per attirare l'attenzione dei nostri interlocutori.
Secondo lo studio iniziato oltre vent'anni fa da Robert R. Provine, docente di psicologia e neuroscienze presso l'Università del Maryland, il riso è uno "strumento di sopravvivenza tipico degli animali sociali". Ridere ha un ruolo fondamentale nelle conversazioni e, svela la ricerca, chi parla tende spesso a ridere di più di chi ascolta. "Ridere è un segnale sociale sincero – dice Provine - proprio perché è difficile da simulare. È una sorta di atteggiamento ancestrale, che mostra le radici comuni a tutti gli esseri umani, chissà, forse a tutti i mammiferi".
Il riso è in sintesi un meccanismo che consente di far sapere a chi ci sta intorno che non abbiamo cattive intenzioni, "uno strumento evolutosi - secondo il professore Jaak Pankepp della Washington State University per segnalare la nostra disponibilità ad interazioni amichevoli"

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http://italiasalute.leonardo.it/news2pag.asp?ID=7883Foto: courtesy of Flickr

Foto: courtesy of Flickr
http://www.flickr.com/photos/ginosenape/foto bambina

Come trovare le felicità


Eccovi un ispirante articolo di Swami Kriyananda, pubblicato da uno dei principali quotidiani indiani. Swami ci parla di uno dei principi chiave degli insegnamenti di Yogananda, che egli stesso ha messo in pratica in modo esemplare nella sua vita e che sta dimostrando anche adesso, nonostante le difficili prove che il suo corpo si trova ad affrontare: la felicità non dipende dalle circostanze, ma è uno stato mentale; ancor di più, è la nostra vera natura, la beatitudine divina della nostra anima. Buona lettura!

C'è una storia classica e ben conosciuta, di un contadino il cui asino si rifiutava di tirare un pesante carretto. Il contadino risolse il problema attaccando un bastone alla testa dell'asino e appendendo una carota all'estremità di quel bastone. L'asino si sforzò con tanta energia, ma senza mai riuscirci, di raggiungere la carota. Non notò neppure il carretto che nel frattempo si trascinava dietro, con il suo pesante carico.

Quanto assomiglia a quell'asino la maggior parte della gente, mentre si sforza di raggiungere la "carota" della felicità! Quella carota non potrà mai essere raggiunta tramite i sensi. La felicità è uno stato mentale, non una cosa. Un mio amico indiano mi disse molti anni fa, a San Francisco: «Mi diverte sentire gli Americani che deridono ogni tipo di superstizione, quando loro stessi sono immersi nella superstizione più grande di tutte. Non posso immaginare una superstizione più grande di questa: il pensiero che la felicità, che è uno stato mentale, esista in oggetti inanimati!». Le persone si sforzano di raggiungere ciò che non può essere raggiunto, trascinandosi dietro, nel frattempo, un carretto pieno di affanni e preoccupazioni!

La via per trovare la felicità è sorprendentemente semplice. È questa: essere felici!

C'è una storia che viene dal Maine, uno degli stati americani, e che parla del "brontolone" di una piccola cittadina. Ogni cittadina ne ha uno, anzi, ovviamente non solo uno, ma di solito c'è una persona conosciuta in particolare per il suo brutto carattere e per la sua incapacità di godersi qualunque cosa. Quest'uomo si lamentava quando un cane attraversava il suo prato; urlava quando un bambino si avvicinava troppo alle sue aiuole; brontolava con i vicini che parlavano ad alta voce o ascoltavano la radio a volume troppo alto; protestava se il treno che lo portava al lavoro era in ritardo; trovava da ridire su ogni minimo dettaglio con i colleghi d'ufficio; e infine, almeno ci si immagina, commentava stizzito le notizie che sentiva alla radio una volta tornato a casa la sera, prima di crollare sul letto e di essere tormentato dagli incubi!

Be', un giorno, dopo anni di questo atteggiamento da brontolone, un bel mattino quello stesso individuo se ne uscì di casa saltellando, salutò allegramente con la mano alcuni bambini che stavano andando a scuola, augurò ai vicini una splendida giornata, fu un raggio di sole in ufficio per tutto il giorno e telefonò perfino a qualcuno per condividere con lui una buona notizia che aveva appena sentito alla radio quella sera! I suoi concittadini osservarono questo cambiamento nel suo modo di comportasi per un'intera settimana, meravigliandosene. Alla fine, non poterono più sopportare la suspance. Un gruppo di loro gli fece visita e gli chiese: «Ma che diamine ti è successo?».

«È molto semplice» rispose l'ex "brontolone". «Per anni ho continuato ad aspettare qualcosa che mi rendesse felice. Alla fine sono giunto alla conclusione che niente mai lo farà. Così ho deciso di essere felice comunque!».

La felicità è autogenerata. Dipende dal proprio atteggiamento mentale. La base della felicità, inoltre, è il semplice fatto che la realtà più profonda della nostra stessa natura è Satchidanandam: sempre esistente, sempre cosciente, sempre nuova gioia, come disse il mio Gurudeva nella sua rielaborazione della classica espressione di Adi Swami Shankaracharya. Tu hai già la beatitudine. Perché dunque non decidi, da oggi in poi, di vivere in beatitudine?

fonte
http://www.ananda.it/kriyananda/articles/sk_happiness.html

Ecco la formula della felicità


Psicologia positiva, poca televisione e genitori felici. È questo il segreto per sentirsi sempre al top. Parola di Daniel Kahneman

Psicologo, matematico di formazione, esperto di scienze cognitive e processi decisionali, pioniere della finanza comportamentale, premio Nobel 2002 per l'Economia: Daniel Kahneman ha debuttato, nella Sala del Maggior Consiglio di Palazzo Ducale, con una lectio dal titolo Verso una scienza del benessere.

Kahneman ha esordito distinguendo tra due diverse tipologie di sé, tra loro in conflitto: il sé che vive e il sé che ricorda. "Mentre l'esperienza è transitoria, la memoria è l'unica cosa che resta, e determina la valutazione complessiva di ciò che si è vissuto, attuando una media pressoché matematica tra il picco dell'emozione raggiunta e la conclusione dell'esperienza. In questo processo, la durata non ha nessuna rilevanza". A tale proposito ha citato, tra gli altri, un esperimento condotto su due gruppi di pazienti sottoposti a dolorose sedute di colonoscopia rispettivamente per 8 e 22 minuti. Diverse le risposte fornite in merito alla sofferenza percepita: i soggetti coinvolti nel test di durata minore, ma concluso all'apice del dolore, ricordavano l'esperienza più negativamente di coloro per cui l'esperimento si era protratto più a lungo ma con intensità del dolore via via decrescente.

Il sé che ricorda, dunque, può anche sbagliarsi. Questo, ha continuato Kahneman, in virtù di un fenomeno che lo scienziato chiama Focusing Illusion, per cui nessuno ricorda "tutto" ciò che gli succede, ma tende piuttosto a concentrarsi su un momento, generalmente emblematico del passaggio da una condizione esistenziale a un'altra, assumendolo a incarnazione dell'esperienza nella sua interezza e commettendo quello che lo psicologo Daniel Gilbert ha definito errore sistematico della durata. Per questo chi si sposa è convinto, sull'onda della felicità del giorno delle nozze, che sarà felice per sempre con il suo partner, mentre se ci si immagina di avere un incidente e diventare paraplegici si crede che non si riuscirà mai a superare il trauma.

L'ultima battuta ha riguardato l'interrogativo cruciale, implicito in tutta la lectio: esiste una ricetta per essere felici? Sicuramente si possono seguire alcuni consigli: "Prima di tutto aiuta nascere da genitori felici. Guardare meno la televisione. Ma soprattutto", ha concluso Kahneman, "seguire il consiglio del Dalai Lama, che invita a praticare la psicologia positiva, rieducando l'attenzione selettivamente per orientarla solo alle attività e agli aspetti positivi della vita, sforzandosi di trascurare tutto ciò che non ci fa essere felici nel qui e ora".

fonte di Annamaria Giuliani
GENOVA, 02 NOVEMBRE 2006

http://www.mentelocale.it/festivaldellascienza/contenuti/index_html/id_contenuti_varint_16506

"Perseguire la felicità è lo scopo stesso della vita: è evidente.Che crediamo o no in una religione,che crediamo o no in questa o quella religione,tutti noi,nella vita,cerchiamo qualcosa di meglio.Perciò penso che la direzione dell'esistenza sia la felicità..."
tratto la libro "L'arte della felicità" Dalai Lama con Howard C.Cutler

pensiero kpaxiano di gianca:
la vera felicità è quella che si condivide con chi ci sta vicino nella nostra vita...forse è questa la formula magica della nostra felicità!...poter condividere attimi di gioia con le persone a noi care...alla ricerca del carrozzone della felicità che è in arrivo sugli autoscontri!...per noi eterni bambini sognatori di felicità! ;-)

domenica 16 marzo 2008

La memoria di lavoro? E' a basso consumo



TECNOLOGIA & SCIENZA
Science: una nuova ipotesi spiega il funzionamento della "ram" interna al cervello
Agisce in modalità low-cost, attivando soprattutto le sinapsi che hanno un ruolo chiave

ROMA - Una "memoria di lavoro" a basso consumo, che immagazzina con efficienza le informazioni che servono al cervello per svariati compiti in modalità low-cost, con un dispendio energetico limitato. Per rendere operativa questa specie di RAM interna, in prima linea ci sono le sinapsi, strutture che consentono la comunicazione fra i neuroni, che svolgono qui un ruolo fondamentale e "intelligente".

La teoria, che è in fase di verifica, è presentata su Science dall'équipe dell'italiano Gianluigi Mongillo che, all'univeristà Renée Descartes di Parigi, ha formulato il modello insieme a colleghi francesi e israeliani. E propone un'idea innovativa rispetto a quelle finora comunemente accettate per spiegare il funzionamento di questo tipo di memoria, fondamentale per tutte le funzioni cognitive superiori.

Secondo le teorie tradizionali, infatti, la memoria si mantiene "accesa" grazie alla elevata attività dei neuroni che codificano, appunto, per quella memoria. "Nel nostro modello, invece - spiega Mongillo - la memoria viene tenuta 'attiva' da processi biochimici che avvengono nelle sinapsi". Con costi metabolici inferiori rispetto a una continua attività dei neuroni, molto più dispendiosa.

Un modo che verosimilmente può essere stato favorito dall'evoluzione proprio perché "low cost". "Se il nostro modello è corretto" spiega ancora Mongillo, autore del lavoro insieme a Omri Barak e Misha Tsodyks, "la memoria rimane per la maggior parte del tempo 'quiescente' all'interno delle sinapsi e solo occasionalmente viene 'rinfrescata' attivando la corrispondente popolazione neurale. Siccome usiamo continuamente la memoria di lavoro, è ragionevole supporre che l'evoluzione abbia sviluppato soluzioni, come questa appunto, per rendere più economico il suo funzionamento".

(14 marzo 2008)
fonte http://www.repubblica.it/2008/03/sezioni/scienza_e_tecnologia/memoria-ricerca/memoria-ricerca/memoria-ricerca.html

L'Amore ai tempi del colera


L’amore ai tempi del colera, è una storia che abbraccia mezzo secolo di vita nella magica e sensuale città di Cartagena, in Colombia,dove si racconta di un uomo Florentino Ariza ( Javier Bardem),che aspetta più di cinquant’anni per unirsi al suo unico,vero amore.

Lui,poeta e impiegato al telegrafo,scopre la passione della sua vita quando vede Fermina Daza(Giovanna Mezzogiorno) e dalle finestre della villa del padre le chiede di unirsi a lui come moglie.Ma il padre di lei quando scopre la loro relazione fatta di scambi di lettere e sguardi rubati al tempo, giura di tenerli separati per sempre.

Fermina sarà costretta a sposare un famoso aristocratico,il dottor Juneval Urbino(Benjamin Bratt).
Juvenal la porterà con sé a Parigi per la loro luna di miele e lei nello scorrere del tempo, dimenticherà il suo primo amore,ma Florentino non cesserà mai di amarla e nell’ombra della sua amata,lei sarà la numero uno ed unica donna nella sua personale lista che dimora nel suo cuore.
Un tempo,lui le aveva giurato la sua fedeltà in eterno,ed in un certo modo ha mantenuto la sua promessa.

Simpatica la sua personale lista della sua agenda,dove trovano posto una lunghissima schiera di donne,che hanno ceduto le loro deboli carni e sono finite nel suo letto, o in altri bizzarri luoghi,ma posso dire con assoluta certezza,che L’Amore vero,non è quello che avviene con la parte inferiore del nostro corpo,ma è quello che dimora nella parte superiore,ovvero nei nostri cuori,che tengono custoditi i nostri ricordi e i nostri Amori per sempre.

Certe volte, mi viene da pensare,che forse il morbo d’Alzheimer,qualche volta dovrebbe colpire i nostri cuori,per farci dimenticare le persone a noi care e che amiamo tanto,questo ci aiuterebbe forse a non farci soffrire,però pensandoci bene,non sarebbe giusto, sarebbe come andare contro la natura umana,che grazie al nostro cuore,ci permette di memorizzare tutti i ricordi della nostra vita,sia belli che brutti,ma si sa la vita bisogna prenderla per come viene…

Usando la mia proverbiale fantasia,che non conosce limiti,mi viene da dire che il nostro organo chiamato cuore,si potrebbe paragonare ad un banco speciale di memoria,tipo quelli che sono usati nei personal computer,ma che a differenza di questi,che perdono il loro contenuto di dati,una volta che si spegne il pc,il nostro cuore mantiene per l’eterno tutti i nostri ricordi e pensieri e ci permette di accedervi in ogni momento della nostra vita…il cuore si potrebbe paragonare ad un banco di memoria magica del tipo reale,non virtuale…

p.s.
chiaramente non è mia intenzione di convincere nessuno nel mio buffo pensiero, e so benissimo che molti storceranno il naso in quello che ho appena scritto, definendo il cervello l’unico organo delegato a custodire i nostri pensieri e ricordi…il mio vuole solo essere un modo di regalarmi una possibilità in più ed è vero che l’organo preposto a queste operazioni è il cervello che è la casa della nostra memoria,ma io essendo un sognatore amo immaginare che anche nel cuore,noi possiamo mantenere i nostri pensieri,qualsiasi essi siano.

Non a caso si dice a volte, va dove ti porta il cuore e forse è vero,perché il nostro cuore non ci tradirà mai,perché non ragiona facendo stupidi calcoli, ma lascia spazio ai nostri sentimenti.
Il cuore può essere paziente ed è disposto ad aspettare tutta una vita per darci ancora una possibilità di tornare con la persona amata e noi esseri umani abbiamo tutto il tempo necessario per aspettare,non è vero?...
cito alcune frasi molto belle dal film:

Pensa all'Amore come ad uno stato di grazia,non ad un mezzo per arrivare a qualche cosa,ma come l'Alfa e l'Omega in se stesso compiuto.
Dopo 53 anni, 7 mesi e 11 giorni e notti il mio cuore finalmente si è placato e io ho scoperto con grande gioia che è la vita e non la morte a non avere confini.

Colonna sonora stupenda, che unita alle splendide immagini dei paesaggi e a questa struggente storia d’Amore ci regala emozioni forti per i nostri cuori alla ricerca della felicità e mi piace ricordare che alla fine loro due riscoprono l’antica passione,e su uno dei battelli di Florentino,il loro amore, che ha aspettato 51 anni, 9 mesi e 4 giorni,finalmente viene consumato.
memorabile lui che dice a lei "Sono rimasto sempre vergine per te!!...e pensare che le sue camere d'albergo del suo cuore erano 622!!...ma il sesso era stato fatto solo con la parte inferiore del corpo!...e non con la parte superiore,cioè il cuore!! :-)


Curiosità legate al film
• Per il personaggio di Florentino Ariza sono stati utilizzati 2 attori per interprete le diverse età, Unax Ugalde Florentino adolescente, Javier Bardem nell'età adulta, mentre Giovanna Mezzogiorno ha ricoperto tutte le età di Fermina, sottoponendosi a molte ore di trucco per interpretare Fermina anziana.
• Gabriel Garcia Marquez avrebbe voluto che la popstar latina Shakira recitasse nel film - essendo amica e connazionale dello scrittore - segnando così il debutto nella carriera di attrice. Ma Shakira ha rifiutato perché impegnata nel suo Oral Fixation Tour, e riluttante a girare le scene di nudo richieste dalla pellicola, per cui ha contribuito con tre brani scritti e interpretati appositamente: Despedida, Hay Amores e Pienso En Ti. La colonna sonora arricchita dai tre pezzi della star colombiana, è stata curata dal compositore brasiliano Antonio Pinto
• Le riprese sono iniziate nel settembre 2006 a Cartagena, Colombia.
• Negli Stati Uniti il film è uscito il 16 novembre 2007, mentre in Italia è uscito il 21 dicembre 2007.
• Il produttore cinematografico Scott Steindorff ha dovuto attendere per oltre tre anni per ottenere i diritti del romanzo dallo scrittore colombiano.

Il commento è di gianca, mentre le curiosità legate al film sono state prese dal seguente link
http://it.wikipedia.org/wiki/L'amore_ai_tempi_del_colera_(film)

Invertire la perdita di memoria La ricerca potrebbe condurre verso futuri trattamenti contro l’Alzheimer

I ricercatori dell’Università del Minnesota sono riusciti per la prima volta a invertire la perdita di memoria in topi con una significativa degenerazione cerebrale: lo studio, descritto in un articolo pubblicato sul numero del 15 luglio della rivista “Science”, potrebbe fornire nuove speranze ai pazienti con il morbo di Alzheimer.
Gli scienziati hanno usato topi geneticamente modificati che avevano sviluppato demenza. Gli animali sperimentavano una perdita di memoria che peggiorava con il passare del tempo e presentavano un’atrofia del cervello simile a quella dei pazienti di Alzheimer. I ricercatori avevano progettato i topi affinché il transgene che causa questi sintomi potesse essere “disattivato”.
Gli autori prevedevano che disattivando il transgene che esprimeva la demenza, la perdita di memoria si sarebbe arrestata. I risultati, tuttavia, hanno superato le loro aspettative: i sintomi dei topi sono addirittura regrediti: in altre parole, gli animali hanno riacquistato parte della memoria.
“La maggior parte dei trattamenti contro l’Alzheimer - afferma la neurologa Karen Ashe, principale autrice dello studio - cerca di rallentare i sintomi o di prevenire la progressione della malattia, ma la nostra ricerca suggerisce che in futuro saremo in grado di invertire gli effetti della perdita di memoria, persino nei pazienti che hanno perso tessuto cerebrale o neurale”.

Fonte: Le Scienze (27/07/2005)
link
http://www.molecularlab.it/news/view.asp?n=2886

Antropomorfizzazione Gli animali hanno un cervello, ma non ragionano come noi


Uno dei più sottili e legali maltrattamenti, perpetrati nei confronti di cani e gatti, si chiama antropomorfizzazione, termine difficile che sta a indicare la contaminazione delle intime caratteristiche fisiologiche e psichiche di un animale, con quelle umane.
Una certa tendenza a questo errore di comportamento, nei confronti del proprio pet, è ampiamente giustificata e costituisce un peccato veniale. Pensare che il cane abbia avuto quel comportamento per fare un dispetto è un esempio banale, ma quotidiano. E chi, di fronte al cane che guarda di traverso l'ospite appena arrivato in casa, non pensa che si tratti di gelosia?
Il fatto che cani e gatti abbiano un cervello, tutto sommato non molto differente dal nostro, sta a significare che, al di là di ogni dubbio di cartesiana memoria, gli animali sono in grado di pensare e provare emozioni. Gli animali insomma sono dotati di una loro "intelligenza". Ovvio che da qui ad antropomorfizzare, il passo è breve. E allora Fido ha rotto quel vaso per fare un dispetto e Silvestro ha fatto cadere lo swarovsky per vendetta.
E' necessario allora ricordare che gli animali hanno sì un cervello anatomicamente abbastanza simile al nostro, ma non per questo possono ragionare come noi. Odio, gelosia, vendetta, arroganza, orgoglio, sono tutte caratteristiche esclusivamente attribuibili alla contorta mente umana e hanno ben poco a che fare con cani e gatti.
I peccati mortali dell'antropomorfizzazione sono altri, alcuni giustificabili a causa della diffusa ignoranza (nel senso di "ignorare") delle esigenze animali, altri decisamente da reato penale perché sarebbe sufficiente un minimo di buon senso per non sconfinare nel maltrattamento, come accennavo all'inizio. Oggi dominano, in campo umano, le diete, le modelle anoressiche, i supplementi antiaging e in generale la voglia di mostrare una corpo offeso il meno possibile dalle ingiurie del tempo e della gola.
Vietati i cibi grassi, giù il colesterolo e i trigliceridi e lotta senza quartiere alla pinguedine e alla pancetta. Può essere un'ottima scelta (talvolta talmente esagerata da diventare una pericolosa forma maniacale) per noi, ma quando la riversiamo sui nostri animali, allora può diventare causa di gravi malattie. Non tutti sanno che il cane e il gatto necessitano di elevati quantitativi di grassi. Il cane che ha una colesterolemia di 350 mg/dl è perfettamente normale.
A noi verrebbe un infarto, quanto meno figurativamente. Somministrare una dieta povera di grassi al cane o al gatto di casa, trattandoli come fossero persone in cerca della forma perfetta, li espone a gravissime malattie. E qui, come ho scritto, si tratta di mancata conoscenza delle diverse esigenze.
Il maltrattamento invece è vedere il palestrato in sella al motorino che trascina un Dobermann costretto a correre sull'asfalto, magari alle tre del pomeriggio con 40 gradi all'ombra. Il cane non ha scelta: ligio al volere del padrone, corre finche il cuore non schiatta. Qui non si tratta di mancate conoscenze, ma di mancanza di buon senso, a tal punto che sarebbe interessante sottoporre il padrone a una risonanza magnetica per vedere se la scatola cranica contiene residui di materia cerebrale.


fonte Oscar Grazioli
link
http://animali.tiscali.it/veterinario/articoli/07/luglio/cani_maltrattati.html

Curiosità animali Bufalo supersonico: orgasmo in 6 secondi


Quante cose si dicono sugli animali, e quante di queste sono effettivamente vere? Infatti, chi non ha mai detto riguardo qualcuno che "nasconde la testa sotto la sabbia come uno struzzo?" Errore, i 200mila struzzi studiati per oltre ottant'anni, non hanno mai fatto questo gesto; mentre corrisponde a verità che il loro occhio sia più grande del cervello.
Il becco del picchio - La notte al buio vi capita di inciampare? Al vostro affezionato micio non accadrebbe: lui può vedere fino a sei volte di più di voi. Neanche della pecora si può dire che sia sciocca, visto che è in grado di riconoscere cinquanta volti di suoi simili e dieci volti umani. Tra gli uccelli poi, il picchio non soffre di mal di testa nonostante il continuo battere del suo becco, perché la natura lo ha dotato di un osso spugnoso che attutisce i colpi. Sul sesso poi le stranezze sono tante.
Sesso per puro piacere - Pensate che tutti gli animali si accoppiano per puro richiamo meccanico? Sbagliate: i cani e i delfini lo fanno solo per piacere. Il premio alla durata va senza dubbio alla leonessa, il felino durante il calore si accoppia ogni mezz'ora, ininterrottamente per cinque giorni e cinque notti. IL premio per l'orgasmo più breve se lo aggiudica il bufalo: solo sei secondi; se la cava meglio il maiale con i suoi trenta minuti. Tra i primati, gli scimpanzè in un quarto d'ora, possono avere addirittura otto partner diversi. Le abitudini degli animali hanno sempre affascinato i ragazzi e gli adulti di tutte le generazioni.
Gli altri record - Le tante particolarità dei loro comportamenti aiutano a capirli e alle volte li rendono più simpatici. E' il caso dei panda che urinano sugli alberi a testa in giù dando così prova di virilità. Virili lo sono anche gli squali, i serpenti e le lucertole che hanno due peni che alternano a seconda della quantità di sperma. Tra i più piccoli, una pulce può saltare una distanza pari a 350 volte la lunghezza del suo corpo. E' come se un uomo potesse saltare da un capo all'altro di un campo di calcio. Decisamente prolifici i ratti (molto più dei conigli), che possono avere una discendenza di un milione di individui in un anno e mezzo. Tra gli insetti, la più famosa è la mantide religiosa che si accoppia solo se il maschio è senza testa, e per questo lo deve decapitare.


fonte
http://animali.tiscali.it/articoli/08/marzo/07/curiosita_animali_999.html

L'apprendimento degli animali

Come mai un piccione apprende meno di un pappagallo? E perché i mammiferi, in genere, imparano meglio degli uccelli? Esistono alcuni animali apprendono meglio rispetto ad altri, perché? Da che parte del cervello dipende?

Elena Rova

Queste sono domande molto interessanti, infatti, mi permettono di far notare alcuni “errori” di valutazione che normalmente facciamo. Inconsciamente abbiamo una concezione antropocentrica ossia pensiamo di occupare una posizione dominante nella scala evolutiva pertanto valutiamo le abilità animali paragonandole alle nostre “superiori”. In biologia non è cosi. Analizziamo la prima domanda: ”Come mai un piccione apprende meno di un pappagallo?”

Un pappagallo in cattività impara rapidamente a emettere suoni o frasi sentite pronunciare dai proprietari. Questa “capacità”, ai nostri occhi mirabile, ha ovviamente un'origine biologica. Alcune specie di psittacidi (pappagalli) hanno in natura l'abitudine di parassitare il nido di altre specie di pappagalli con le loro uova. I pulcini, pertanto, all'interno di un nido saranno di due specie diverse. Nel primo periodo della loro vita i pulcini di tutte e due le specie usano lo stesso linguaggio, altrimenti i parassiti non ricevono il cibo dai genitori parassitati. Dopo l'involo la specie parassita apprende le sonorità tipiche della sua specie, ecco spiegata la disposizione di questi animali a recepire rapidamente suoni e a saperli riprodurre.

Un piccione a noi sembra avere minori capacità, però sicuramente ignoriamo la loro grande abilità nelle competizioni di orientamento. Il segreto di queste incredibili prestazioni sta nel fatto, come sanno gli addestratori di piccioni viaggiatori, che questi uccelli hanno una mappa olfattiva del mondo circostante. Prima delle gare gli addestratori fanno compiere ai piccioni dei viaggi in furgoni con bocchette d'aerazione per fare esperienza del percorso. Pionieri di questi studi è il gruppo di etologi dell'Università di Pisa, che fa riferimento al professor Baldaccini.

Anche questo è un apprendimento veloce e mirabile. Come possiamo mettere sul piatto di una bilancia queste capacità di apprendimento e valutare se un piccione realmente apprende meno di un pappagallo o piuttosto sarebbe giusto chiedersi rispetto alla storia evolutiva e alla nicchia ecologica occupata da un data specie quale compito apprenderebbe più facilmente? Di conseguenza la risposta alle altre due domande è scontata. Non possiamo fare una graduatoria delle specie sulla base della capacità di apprendere un compito senza aver valutato se la domanda posta è appropriata per quella specie. Inoltre, compiti e funzioni apparentemente elevate tipiche delle società umane sono svolte da animali apparentemente semplici.

Per esempio la capacità di coltivare e allevare sembrano azioni tipiche delle società umane. Ebbene, non tutti sanno che le piccole formiche sono in grado di coltivare dei funghi. Le formiche creano una fungaia con il clima adatto all'interno del formicaio, la concimano con materiale vegetale che raccolgono e sminuzzano finemente. Sempre le formiche, allevano del “bestiame”: gli afidi. Gli afidi sono difesi dai predatori e accuditi di tutto punto per essere poi “munti”, il fluido ottenuto è una sostanza zuccherina molto nutriente.

Per apprendimento si intende acquisire nuove conoscenze e immagazzinarle nella memoria. La memoria può essere a breve termine che dura da alcuni secondi ad alcune ore. A lungo termine che dura da alcuni giorni ad alcuni anni, dipende anche dall'esercizio. Ricordare vuol dire recuperare le informazioni dalla memoria. Dimenticare è l'incapacità di recuperare tali informazioni dalla memoria.

Un modello di apprendimento a lungo termine è la long term potentiation (potenziamento a lungo termine) o LTP. Consiste nel cambiamento permanente delle connessioni sinaptiche in un circuito nervoso. LTP è stato studiato principalmente nella area CA1 dell'ippocampo dove forti stimolazioni delle cellule piramidali risultava nell'apprendimento. Le basi cellulari del LTP sono complesse, ma sicuramente è coinvolto un neurotrasmettitore eccitatorio, il glutammato, rilasciato dal terminale presinaptico dei neuroni. Il glutammato agisce innescando una catena di eventi intracellulari che portano alla sintesi proteica e all'aumento delle sinapsi.

L'apprendimento da parte degli uccelli del canto è stato ampiamente studiato come modello dell'apprendimento. Nei maschi degli uccelli il testosterone stimola il canto. Si è scoperto che le aree deputate all'apprendimento e alla riproduzione di tale canto sono la LMAN, Area X, DLM; e la HVc, RA, nXIIts.

Andrea Mazzatenta
Dipartimento di Anatomia, Biochimica e Fisiologia, Università di Pisa

Lieto fine Delfino salva due capodogli arenati sulla spiaggia


Un delfino è riuscito a guidare due capodogli, che si erano arenati più volte, nei dintorni della spiaggia di Mahia, sulla costa orientale di North Island, una delle isole maggiori della Nuova Zelanda. L'esemplare femmina di tursiope, che i frequentatori della spiaggia hanno soprannominato Moko, è riuscita a comunicare con i due cetacei (capodogli pigmei) che rischiavano di morire sulla spiaggia e a salvarli.

I capodogli rischiavano di morire - "Non ho mai assistito a una cosa del genere, è stupefacente", ha raccontato Malcolm Smith, funzionario del Conservation department. Smith ha riferito che lunedì i capodogli si erano arenati più volte, malgrado i suoi tentativi - tutti falliti - di farli allontanare dalla spiaggia. I cetacei, un esemplare femmina di tre metri e il suo piccolo di un metro e mezzo, erano disorientarti, apparentemente disturbati da un banco di sabbia vicino alla spiaggia e non riuscivano a ritrovare la via per il mare. "Per un'ora e mezzo ho provato a spingerli in mare, ma erano riluttanti a lasciare la banchina", ha continuato. "Erano esausti", ha detto, "e io ero arrivato al punto che credevo di non farcela più, avevo fatto del mio meglio".

Moko è riuscita dove ha fallito l'uomo - A quel punto è arrivata Moko, la "star" della spiaggia che nuota abitualmente tra i bagnanti, si avvicina alle barche per farsi accarezzare e spinge con il muso i kayak. Ha cominciato a produrre suoni e a comunicare con i "compagni". "I capodogli sono riusciti a stabilire un contatto con lei che li ha scortati per circa 200 metri fino al margine del banco di sabbia", ha raccontato Smith, "poi ha fatto una virata attraverso un canale abbastanza stretto e li ha scortati in mare".

La simpatica Moko veglia sulla baia - Da allora i due cetacei sono rimasti lontani dalla spiaggia di Mahia, dove ogni anno si arenano una trentina di balene (la maggior parte della quali non riesce a salvarsi). "Non so se la prossima volta che una balena si arena riusciremo a fare tornare Moko", ha concluso l'esperto, "sicuramente stavolta ha salvato la giornata a noi e la vita ai due capodogli".

fonte
http://animali.tiscali.it/articoli/08/marzo/12/delfino_salva_capodogli_123.html

sabato 15 marzo 2008

Kama Sutra animale: anche i gorilla lo fanno “alla missionaria”





Nell’intimità, i gorilla si “amano” come noi. La scoperta sta facendo il giro del mondo: fotografi della Wildlife Conservation Society di New York e del Max Planck Institute for Evolutionary Anthropology di Lipsia (Germania) hanno infatti fotografato per la prima volta una coppia di gorilla intenti a fare sesso nella posizione del missionario, ovvero faccia a faccia. A quanto si sa, questa posizione tipicamente umana è presente nel regno animale soltanto tra i bonobo, primati dall’intensa e promiscua attività sessuale.

Sotto gli occhi di una figlia, i due gorilla si scambiano effusioni prima dell'accoppiamento.
Foto: © Thomas Breuer/ Wildlife Conservation Society.

La prima volta dei gorilla
“Comprendere il comportamento dei nostri ‘cugini’, le grandi scimmie, ci permette di fare luce sull’evoluzione dei tratti comportamentali della nostra specie”, ha affermato Thomas Breuer, ricercatore del Max Planck Institute e principale autore dello studio condotto al Nouabalé-Ndoki National Park (Repubblica del Congo), del quale le foto fanno parte. La posizione faccia a faccia – tecnicamente nota come ventro-ventrale – non è per nulla comune nel regno animale che predilige la più “canonica” postura dorso-ventrale, in cui la femmina dà le spalle al maschio. “Già sapevamo che i gorilla in cattività talvolta si accoppiano frontalmente, ma finora non erano mai stati fotografati in questa posizione nel loro ambiente naturale”, spiegano i ricercatori.

Ti amo, gorilla
Ma perché prediligere la posizione del missionario? Esistono teorie secondo cui l’accoppiamento ventro-ventrale - che consente ai partner di guardarsi negli occhi e quindi di “comunicare” meglio le reciproche emozioni e sensazioni – è strettamente imparentato con l’evoluzione della specie. Nell’uomo è infatti una conseguenza della stazione eretta: secondo quanto già nel 1967 lo zoologo e divulgatore scientifico Desmond Morris spiegava nel volume La scimmia nuda, i seni prominenti e arrotondati delle femmine di homo sapiens si sarebbero sviluppati come adattamento alla stazione eretta.

Leah si fa un bagno dopo l'accoppiamento. È una delle 4 femmine del maschio dominante.

Foto: © Andrew Radford.
In pratica le mammelle avrebbero sostituito il richiamo sessuale costituito fino a quel momento dalle natiche, che “invitano” all’accoppiamento perché poste sopra i genitali.
Affascinanti somiglianze
Non sappiamo quanto l’accoppiamento frontale di gorilla e bonobo segnali la presenza di qualche componente “umana” nel comportamento di alcuni animali: “La nostra conoscenza attuale dei gorilla è ancora piuttosto limitata” afferma Breuer. “Non possiamo dire quindi quanto questa posizione sessuale sia comune. Certo è che è sempre affascinante scoprire similarità nel comportamento di primati e esseri umani”.

fonte Andrea Porta
(Notizia aggiornata al 14 febbraio 2008)
link
http://www.focus.it/Notizie/2008/febbraio/Sesso_e_animali__-_Kama_Sutra_animale_anche_i_gorilla_lo_fanno_alla_missionaria.aspx

fantastica scoperta sul pianeta K-Pax





oggi data terrestre 15 marzo anno 2008 è stata fatta una favolosa scoperta sul pianeta K-Pax della lontana galassia dell'universo. La nascita di una meravigliosa rosa rossa e sembra che accanto è stato visto un buffo bambino che dice chiamarsi il Piccolo Principe e continua a ripetere che la sua rosa è unica nell'universo!...

a lato mostriamo le 3 foto scattate con un mega telescopio di ultima generazione americano che mostrano nitidamente la rosa e il Piccolo Principe in piedi sul suo pianeta e per ultima la foto del pianeta K-Pax

Numeri e memoria: lo scimpanzé batte l'uomo


Lo scimpanzé Ayumu durante l'esperimento

Gli scimpanzé hanno una memoria visiva più pronta di quella umana. Sono questi i risultati dell'esperimento condotto dal Primate Research Institute all'univeristà di Kyoto e ha confrontato scimpanzé di cinque anni con studenti di college.

Scienziati increduli - "Non lo avrei mai immaginato", commenta il professor Tetsuto Matsuzawa, co-autore dell'esperimento i cui risultati verranno pubblicati domani dalla rivista "Current Biology". Matsuzawa ha sottoposto tre giovani scimpanzé al seguente test: uno schermo touch-screen con 9 cifre, corrispondenti ad altrettanti tasti da premere per ristabilire la sequenza mostrata loro per brevissimo tempo. L'animale vincitore della selezione, Ayumu, ha poi sfidato 9 volontari, uomini e adulti.

Ayumu batte tutti - Lo scimpanzé li ha battuti tutti. Stessa percentuale nel ricordare i numeri se la durata del colpo d'occhio è di 7 decimi di secondo, ma dimezzando il tempo Ayumu è capace di ri-digitare esattamente l'80% delle sequenze, mentre gli uomini scendono al 40. Anche se sottoposti ad allenamento specifico, come gli autori della ricerca hanno fatto per alcuni di loro.

Memorie fotografiche a confronto - La superiorità dello scimpanzé è dovuta a due fattori, secondo Matzusawa: l'uomo ha sacrificato buona parte della memoria visiva per sviluppare l'area del cervello dedicata al linguaggio. Per questo la sfida verrà ripetuta con dei bambini.


fonte
http://animali.tiscali.it/articoli/07/dicembre/04/scimpanze_batte_uomo_123.html

Gli animali hanno il senso del tempo



LONDRA, Gran Bretagna -- Al calare della notte la ghiandaia, un uccello irrequieto lungo una trentina di centimetri, prima di addormentarsi si prepara la colazione. Una capacità di prevedere i propri bisogni nel tempo futuro che fino ad oggi si pensava una prerogativa dell’uomo. La scoperta è stata realizzata da Nicola Clayton, Direttrice degli Studies in Natural Sciences dell’Università di Cambridge (Gran Bretagna) che ha realizzato lunghi esperimenti i cui risultati sono stati riportati sulla rivista Nature.
Ciò che le ha permesso di giungere a tale conclusione è l’esperimento eseguito con esemplari che venivano posti in gabbie diverse comunicanti tra loro solo in alcune ore della giornata. Durante i primi giorni delle prove le ghiandaie venivano introdotte al mattino in un settore della gabbia senza alcuna nocciolina e così rimanevano senza la colazione da loro tanto desiderata.
Ci è voluto poco tempo alla ghiandaia pensare che sarebbe stata buona cosa rifornire di noccioline il settore della gabbia nel quale si sarebbe trovata al mattino successivo, prendendole dalle altre aree cui le era permesso di entrare durante la giornata. Ciò prova che le ghiandaie sono in grado di prendersi cura del proprio futuro.
Ma l’esperimento non si è fermato qui. Clayton ha voluto anche capire se le ghiandaie sono in grado di ricordare le esperienze temporali trascorse. La ricercatrice è partita dal fatto che tali uccelli nascondono frequentemente due tipi di cibo: le larve e le arachidi. Delle prime fanno banchetto non al di là di poche ore dal momento in cui sono sepolte, delle seconde, invece, si nutrono anche dopo giorni dal loro insabbiamento.
Ebbene dopo aver lasciato che un certo numero di ghiandaie nascondessero un po’ di larve e un po’ di arachidi le ha rinchiuse in una gabbia, rilasciandone alcune dopo poche ore, altre dopo alcuni giorni. Le prime si sono avventate sulle larve, mentre le seconde sulle arachidi.
“Ciò significa - ha spiegato la ricercatrice - che tali uccelli hanno la “memoria-episodica”, che secondo gli psicologi è la memoria che permette di ricordare come, quando e dove sono accadute nel tempo certe esperienze personali”. La scoperta che tali uccelli possiedono la capacità di pensare al futuro e di ricordare il passato fa ipotizzare che essi hanno il senso del tempo che trascorre.
Sulle orme di tale scoperta altri ricercatori sostengono anche i colibrì sembrano ricordarsi non solo dove, ma anche quando hanno visitato determinati fiori per cibarsi del loro nettare. Sulle ricerche tuttavia, vi sono pareri contrastanti.
Un forte oppositore è Thomas Suddendorf, psicologo all’Università del Queenlsand (Australia), che da tempo si occupa dell’argomento, il quale ha detto: “Al momento vi indicazioni che fanno pensare solo al fatto che la maggior parte degli animali vive unicamente nel presente”. Egli sostiene che un animale può ricordarsi semplicemente del nascondiglio, senza avere la coscienza di aver nascosto il cibo. “So che nel 1967 mia mamma mi diede alla luce, ma questo non significa che posso viaggiare con la mente fino a quel giorno per rivivere l’evento. Lo so e basta”, spiega lo psicologo.
Secondo Suddendorf la vera memoria-episodica si è evoluta nell’uomo perché dipende da molto fattori che sono stati documentati chiaramente solo nella mente umana. Il vantaggio di tale memoria non sta semplicemente nel ricordare il passato, ma soprattutto nel fornire “un vantaggio per la predizione del futuro e ciò si è sviluppato circa un milione e 600.000 anni fa”, ha detto.
William Roberts, psicologo all’Università dell’Ontario sostiene invece che l’ipotesi della Clayton trova supporto in un esperimento fatto con le scimmie-scoiattolo. Se si offrono loro due porzioni di cibo, la seconda molto più abbondante della prima, ma con una quantità d’acqua molto inferiore, le scimmie scelgono la porzione più piccola, perché offre loro anche più acqua.
Spiega Roberts: “Le scimmie sanno “prevedere” che nel prossimo futuro avranno sete e ciò significa che sanno proiettare nel tempo un bisogno importante”. Esperimenti che se non hanno una spiegazione in ciò che sostiene la Clayton, rende ancor più misteriosa la mente degli animali.

fonte http://www.scienze.tv/node/520
inserito da scienze e tv

Sappiamo sempre "chi" parla. Come le scimmie


Suona il citofono. Chi è? «Io...» E tra i tanti possibili "io", a questo diamo subito un nome e un volto. È una capacità che va ben oltre la familiarità e che ha origini molto lontane: per scoprirle alcuni ricercatori tedeschi stanno ascoltando le scimmie.

Bendate un macaco, e saprà comunque identificare singolarmente i suoi simili ascoltandone i versi: merito di un'area del cervello deputata al riconoscimento vocale, molto simile a quella che si attiva nel nostro encefalo quando sentiamo parlare parenti o amici. La scoperta dei ricercatori tedeschi del Max Planck Institute potrebbe rivelarsi preziosa per capire come il cervello umano si sia evoluto in relazione alla comparsa del linguaggio.

La corteccia
Se riusciamo a individuare una voce in mezzo a tutti i suoni che ci circondano è grazie alla corteccia uditiva, che si attiva soltanto in risposta a voci "umane". Ma non siamo i soli a possedere questo talento: già da qualche tempo si sospettava che le scimmie avessero una simile capacità.

Tra scimmie ci si riconosce
Gli etologi hanno fatto ascoltare a un gruppo di macachi una varietà di suoni (versi di macachi e di altri animali, tuoni, rumori di pioggia...) e hanno usato la risonanza magnetica funzionale (fMRI) per monitorare l'attività cerebrale degli animali. E così hanno identificato una zona del cervello (vicina a quella umana del riconoscimento vocale) che si "accendeva" ogni volta che le scimmie sentivano i versi emessi dai loro simili, rimanendo insensibile agli altri suoni. Non solo: l'attività di questa area sembra suggerire la capacità di "distinguere" le voci delle singole scimmie.

Alle origini del linguaggio
È qualcosa di primitivo, ma molto simile a quanto accade nel nostro cervello, ritengono i ricercatori. Che pensano che quest'area potrebbe aver rappresentato, nel corso dell'evoluzione dai primati all'uomo, un primo passo per lo sviluppo dei più complessi meccanismi neuronali alla base del linguaggio. L'area di riconoscimento vocale si sarebbe poi spostata da dove si trova ora nelle scimmie alla sua collocazione attuale nel cervello umano, da dove interagisce con le altre zone responsabili della comunicazione verbale.

fonte
http://www.focus.it/Notizie/2008/febbraio/Anche_le_scimmie_riconoscono_i_familiari_dalla_voce.aspx

venerdì 14 marzo 2008

Carlotta sul tatami e cosa si mangia per cena?...


mi faccio una bel sonnellino!...


oggi lo chef consiglia pasta fagioli e salsiccia!...

Cenerentola e gli 007 nani



Il magico mondo delle favole è in subbuglio, l'equilibrio tra bene e male si è spezzato e la perfida Matrigna guida un'alleanza di malvagi decisi a prendere il potere. Spetterà alla figliastra Ella, divisa tra l'amore per un principe e quello per Rick, un umile servo di palazzo, guidare la resistenza e riportare l'ordine nel suo mondo.

link
http://www.filmscoop.it/film_al_cinema/cenerentolaegli007nani.asp

la nostra vita va vissuta come una bella favola e con la nostra fede abbinata alla nostra forza positiva ci regaleremo un lieto finale!...
basta crederci e non mollare mai!...non rinunciate mai alla ricerca della felicità e una volta che l'avrete trovata cercate di condividerla con le persone che voi amate per donare loro la felicità!...parola di gianca l'eterno sognatore e piccolo principe di un lontano pianeta chiamato K-Pax sperduto nella galassia!

martedì 11 marzo 2008

L’infinita e inguaribile stupidità


E’ un atteggiamento irrazionale che consente all”uomo di accettare nuove sfide
Infinita, contagiosa, spesso inguaribile. È la stupidità che ognuno di noi si porta dentro, ma che, secondo molti studiosi, ha in sè anche una funzione evolutiva: può farci compiere atti avventati, errori che, se riconosciuti, possono portarci ad un nuovo progresso, ad una nuova conoscenza.

«In quanto atteggiamento irrazionale, consente all’uomo di accettare sfide che normalmente non accetterebbe. E la deviazione dalla stupidità porta alla genialità e all’invenzione di soluzioni innovative» spiega Francesco Betti, autore de “Le strategie della stupidita” che, insieme ad un prestigioso team di esperti, affrontano nell’ultimo numero di “Focus” tutti i risvolti di questa forza irrazionale e imprevedibile.

«Due cose sono infinite: l’universo e la stupidità umana, ma riguardo all’universo ho ancora dei dubbi». Così Albert Einstein definiva un problema tanto antico quanto irrisolto. Secondo molti esperti, l’uomo porta in sè la stupidità da sempre, il primo fu proprio Adamo, che per un frutto perse il paradiso. Ma cosa si intende per stupidità?

Di certo non l’opposto di intelligenza, poichè anche gli intelligenti possono compiere azioni da stupidi senza accorgersene o ammetterlo a se stessi. Una definizione della stupidità arriva dallo storico ed economista Carlo Cipolla: una persona stupida è quella che causa un danno a un’altra persona o a un gruppo di persone senza nel contempo realizzare alcun vantaggio per sè, o addirittura subendo una perdita. «La nostra vita è punteggiata da perdite economiche, di tempo o di energie -dice lo studioso- e la causa sono le improbabili azioni di qualche assurda creatura, che nei momenti più impensabili ci provoca danni, per di più non guadagnandoci nulla in cambio». Ma, solo alcuni sono stupidi?

In realtà no, dicono gli esperti. Forse lo siamo proprio tutti. Secondo Gianfranco Livraghi, ricercatore e autore de “Il potere della stupidità”, «si tende ad etichettare come stupidi tutti i comportamenti che non rientrano nei nostri schemi mentali ordinari. Ma pensare che solo gli altri siano stupidi è un circolo vizioso. In ognuno di noi c’è un fattore di stupidità che è sempre maggiore di quello che pensiamo». Dunque la stupidità non è una prerogativa solo di alcune persone. Il problema è che difficilmente ci si rende conto di esserlo.

Questa “nemica invincibile” è stata a lungo studiata per capire davvero da cosa provenga. «In ambito clinico la stupidità è la malattia peggiore, perchè è inguaribile» spiega Luigi Agnolli, docente di psicologia della comunicazione all’università di Milano-Bicocca. Che aggiunge: «Lo stupido è portato a ripetere sempre gli stessi comportamenti perchè non è in grado di capire il danno che fa e quindi non può autocorreggersi».

Uno studio dell’università inglese di Exeter ha identificato un’area nel cervello, nella regione temporale della corteccia, che si attiva per non ripetere un errore già commesso. Se alla base della stupidità ci fosse un’anomalia di questa regione forse un domani sarà possibile correggerla con un intervento.

Tuttavia la stupidità ha una funzione evolutiva: serve a farci compiere atti avventati, che in molti casi possono essere più utili del non far nulla. «In quanto atteggiamento irrazionale, consente all’uomo di accettare sfide che normalmente non accetterebbe. E la deviazione dalla stupidità porta alla genialità e all’invenzione di soluzioni innovative» osserva, dunque, l’autore de “Le strategie della stupidità”, Francesco Betti. Nell’esperienza dell’errore c’è sempre un progresso della conoscenza. Quindi bisogna riconoscere e annullare gli errori. Non a caso lo scrittore Paul Valèry diceva: «C’è uno stupido dentro di me. Devo approfittare dei suoi errori».

Storicamente la stupidità è una piaga che affligge l’umanità. «Non potremo mai sconfiggerla del tutto -afferma ancora Carlo Cipolla- ma i suoi effetti possono essere meno gravi se capiamo come funziona». Cipolla ha individuato tre caratteristiche per prevenire e curare. Eccole. La prima: La stupidità è inconsapevole e recidiva. Dunque, chi è stupido non lo sa ed è quindi più pericoloso. La seconda caratteristica: La stupidità è contagiosa. Le folle sono più stupide delle singole persone che la compongono. Il contagio emotivo diminuisce le capacità critiche.

La terza e ultima caratteristica individuata da Cipolla tocca il potere e alcune figure storiche che lo hanno gestito. «Il potere rende stupidi» diceva Nietzsche. Basti pensare a Luigi XVI, che nel giorno della presa della Bastiglia appuntò sul suo diario «Oggi niente di nuovo». Come non ricordare anche la decisione di Napoleone di attaccare la Russia in pieno inverno, col risultato che l’armata francese venne decimata dal freddo prima che dalla battaglia, o le disfatte prevedibili di Caporetto, Vietnam e Iraq di oggi.

fonte la stampa.it
link http://www.stepri.net/