domenica 30 marzo 2008

Jacob Vassover, l’arte yiddish e la memoria della Shoah


Jacob Vassover nacque a Lodz, in Polonia, l’1 marzo 1926. Vive in Israele. È l’ultimo rappresentante dell’arte yiddish , la pittura degli shtetl , fatta di luce e colore puri, splendida come la Shekinah - la manifestazione dello spirito divino - e innocente come una mitzvah, una buona azione. “È difficile dire se l’arte yiddish avrà un futuro,” spiega l’artista ottantenne, “perché gli eredi di quella cultura quasi distrutta dal nazismo sono pochi e la maggior parte dipinge come se raccontasse delle storie. Io no. Dipingo come si dipingeva nella mia Polonia; dipingo osservando un mondo che è rimasto dentro di me, nella mia memoria. L’arte yiddish deve essere oggi pittura della memoria. La missione della mia vita d’artista è dipingere il mondo che c’era. Io vivo nel mio tempo, ma la mia anima è nel passato, quando a Lodz vivevano decine di migliaia di ebrei.
Dipingo in stili diversi, ma la pittura yiddish è per me importantissima. L’Olocausto ha bruciato tutto… ogni notte ho incubi che mi rincorrono… incubi rossi, così spaventosi che non è possibile descriverli. Al mattino mi alzo, mi ricordo del sogno, dei giorni felici e di quelli infelici, dell’annientamento di tutto. Allora devo andare a dipingere, a ricordare”. Considero Jacob l’artista più importante del nostro tempo, l’erede di una culturache poteva (e forse può ancora) influire non solo sull’immaginario, ma sul pensiero dell’umanità. Un pittore incomparabile, che il mondo non ha ancora scoperto, forse, perché la sua opera rappresenta il simbolo di un dolore senza confini. E dal dolore gli esseri umani tendono a fuggire. Jacob ha visto suo fratello uscire dal camino di un crematorio di Auschwitz-Birkenau. Ha visto i suoi familiari, i suoi amici cadere nelle mani dei carnefici e subire un destino atroce. L’arte yiddish, prima che la popolazione ebraica di Lodz fosse ridotta in cenere, celebrava la vita, la gioia, l’amore, la preghiera. Oggi celebra la memoria. Per restituirci il ricordo di un mondo perduto, Jacob Vassover è scampato alla più feroce persecuzione. Di 250.000 ebrei che vivevano a Lodz prima della Seconda guerra mondiale, meno di 10.000 sono sopravvissuti. Dopo cinque anni nel ghetto, Jacob fu deportato ad Auschwitz-Birkenau, quindi in una fabbrica a Braunschweig. Poco prima della Liberazione, nonostante fosse in condizioni fisiche quasi disperate, dovette affrontare una lunga Marcia della morte, nel corso della quale i suoi compagni morivano uno dopo l’altro. “Valevamo meno dei topi,” ricorda, “e io sopravvivevo pensando a un pezzo di pane. Il pensiero di quel pezzo di pane era il filo che mi legava alla vita”. Il cibo e i ricordi. “Sì, i volti ebraici, i luoghi dove ero cresciuto: sinagoghe, strade, negozi, scuole. Quei cari volti apparivano e appaiono ancora oggi nella mia mente, in continuazione”.


http://www.visions.it/raggix.html

articolo di Roberto Malini

Nessun commento: